Il pensiero dell’arte

Conversazione tra scultori

  • Pagine104
  • Prezzo16.00
  • Anno2025
  • ISBN978-88-8273-206-6
  • NoteIl pensiero dell'arte 32 In libreria dal 7 novembre
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Conversazione tra scultori

Un libro, meglio, un quaderno di riflessioni di due scultori che confrontano idee, impressioni, esperienze. Ma che scultori e che idee! Due tra i massimi maestri della scultura contemporanea – Anthony Caro ed Eduardo Chillida – discutono sui temi nodali dell’arte e soprattutto della loro arte, la scultura. A partire dall’incontro fortuito con Chillida a Bilbao nasce in Anthony Caro la curiosità per un reciproco scambio di vedute e di progetto. Sulla scorta della simpatia, dell’intesa immediata e della stima che scaturiscono da quel primo e fugace incontro, Chillida accondiscende con favore all’idea di Anthony Caro, che dà incarico di annotare le conversazioni all’amico che lo condusse in viaggio a Bilbao, il critico Andrew Dempsey. Dempsey ci si dedicò con cura quasi maniacale, seguendo i due “colleghi” scultori come un’ombra, registrando i loro dialoghi mentre erano in macchina o stavano passeggiando nella campagna basca o, ancora, seduti su una panchina di fronte alla baia di San Sebastian. Ne esce uno spaccato di pensiero e d’arte senza precedenti. Due scultori della stessa generazione, nati entrambi nel 1924, l’uno dei Paesi Baschi, l’altro inglese, entrambi cresciuti sulle sponde dell’Atlantico, entrambi forgiatori del ferro, seppure con dinamiche e posture differenti.

 

Eduardo Chillida (1924 – 2002) nasce a San Sebastián in Spagna e dopo gli studi in architettura all’Università di Madrid nel 1943-47 inizia a concentrarsi sul disegno e la scultura. Trasferitosi a Parigi nel 1948, stringe amicizia con Pablo Palazuelo, con il quale espone al Salon de Mai del 1949. Nel 1950 vive a Villaines- sous-Bois, in Francia, e l’anno seguente si trasferisce a Hernani, vicino a San Sebastián, dove fa amicizia con José Cruz Iturbe. La sua prima personale si tiene alla Galeria Clan di Madrid nel 1954. Nel 1960 gli viene assegnato il Premio Kandinsky. Compie un viaggio in Grecia nel 1963 e l’anno seguente vince il Premio per la scultura al Carnegie lnternational di Pittsburgh. Nel 1966 incontra il filosofo Martin Heidegger, del quale illustrerà il libro intitolato Die Kunst und der Raum. La sua opera grafica è oggetto di mostre che si tengono nel 1969 nei musei di Basilea, Zurigo e Monaco. Nel 1971 è Visiting professor al Carpenter Centre di Cambridge, Massachusetts. Nello stesso anno è a Barcellona per la sua personale alla Sala Gaspar. Nel 1979 condivide con Willem de Kooning il Premio Andrew W. Mellon, a cui fa seguito un’importante mostra al Museum of Art del Carnegie lnstitute di Pittsburgh. Nel 1980 espone al Museo Salomon R. Guggenheim, New York. Nel 1990 la Biennale di Venezia gli dedica una personale a Ca’ Pesaro. L’anno successivo riceve il Praemium Imperiale dalla Japan Art Association. Nel 2000 viene inaugurato il museo Chillida-Leku ad Hernanl, Gipuzkoa. L’artista muore nella sua residenza sul monte lgueldo il 19 agosto del 2002.

Anthony Caro (1924 – 2013) nasce a New Malden nel Surrey, Gran Bretagna e dal 1942 al 1944 studia presso il Christ’s College a Cambridge, laureandosi in Ingegneria; frequenta inoltre durante le vacanze la Farnham School of Art. Nel 1946 Studia scultura al Regent Street Polytechnic e dal 1947 al 1952 alla Royal Academy School. Dal 1951 al 1953 lavora come assistente di Henry Moore e in seguito insegna scultura alla St. Martin’s School of Art di Londra. Dal 1970 comincia a realizzare sculture in acciaio non dipinto. In seguito sono numerose le mostre dedicate alla sua opera da importanti istituzioni museali. Nel corso della sua carriera lo scultore ha ricevuto numerosi riconoscimenti, come il Premio Imperiale per la scultura di Tokyo, e lauree ad honorem dalle Università di Cambridge e Yale. Nel 1987 è stato insignito del cavalierato e membro onorario dell’American Academy of Arts and Letters di New York e dell’Accademia di Brera di Milano. L’artista muore a Londra il 23 ottobre 2013.

Falso, ma vero

  • Pagine170
  • Prezzo23.00
  • Anno2025
  • ISBN978-88-8273-203-5
  • NoteIl pensiero dell'arte 31 In libreria dal 7 novembre
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Falso, ma vero Crisi dell'originale e ricerca del vero

Non è detto che un quadro falso

debba esser sempre peggiore

dell’originale.

Anzi, se il falsario ci mette

dell’estro, può fare opere più

vive e interessanti di certe opere

autentiche insignificanti e prive di

invenzione.

Talvolta un pittore è spinto dal

mercato a ripetere se stesso.

Per esempio, Morandi ha fatto

duemilasettecento opere uniche,

che uniche non sono per il fatto

della loro estrema ripetitività.

Enrico Baj

 

Valerio Dehò, tra i più noti curatori e critici d’arte italiani, insegna Estetica presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 1997 al 1999 è stato Direttore del progetto "Novecento" per il Comune di Reggio Emilia. Dal 2001 è direttore artistico di Kunst Merano Arte. Nel 2005 è stato nominato commissario della XVI Quadriennale Nazionale di Roma. Ha diretto il “Premio Internazionale Ermanno Casoli” dal 2004 al 2007. Nel 2014 è stato nominato nel direttivo dell’AMACI, Associazione Musei d’Arte Contemporanea d’Italia.

L'invenzione della casa

  • Pagine120
  • Prezzo20.00
  • Anno2025
  • ISBN978-88-8273-195-3
  • NoteIl pensiero dell'arte 30
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L'invenzione della casa L'ordine domestico della polis

Quando è stata inventata la casa urbana, ripetibile e aggregabile che identifica la città come luogo non solo del potere ma della cittadinanza? Dall’incontro occasionale con una antica fondazione greca – Agrigento – si risale alla vicenda e al ruolo dei tanti migranti che dall’VIII sec. a.C. dovettero partire dalla Grecia verso l’Occidente per costruire altrove la loro patria. Furono loro con la loro tensione a costituirsi come collettività con uguali diritti e uguale terra (isonomia e isomoiria) a inventare la casa per tutti. Fu nelle loro fondazioni che si misero progressivamente a punto quegli elementi e quei meccanismi che presiedono, ben prima di Ippodamo, all’ordine urbano della polis, matrice della città europea, capace di costruire la comunità politica e lo spazio che l’accoglie. Il principio d’ordine che governava la delicata e decisiva divisione e attribuzione della terra nelle nuove città si basava proprio sulla misura della casa, l’oikòpedon: la sua forma divenne canone metrico, spaziale e di senso nella costruzione urbana. Non solo. In quella forma e in quella misura s’incarnava un sistema di credenze, rituali e pratiche religiose che faceva della dimensione domestica un luogo sacro e singolare di libertà e autorealizzazione che sfuggiva al serrato controllo politico della polis. Per questo forse nella distinzione pubblico/privato, il pensiero costituito volle svalutare il privato definendolo tale in quanto privato di senso, inaugurando una contrapposizione tra i due termini – e tutti quelli connessi, da maschile/femminile a ideale/materiale o libero/necessario – che proprio quelle vicende dell’origine ci invitano a ripensare.
 
Valeria Pezza (Napoli 1949), architetto progettista, è stata docente ordinario di Composizione Architettonica e Urbana presso l’Università Federico II di Napoli, svolgendo ricerca teorica e applicata e sperimentazione progettuale nel campo dall’architettura e dell’architettura della città. Ha esposto alla Triennale di Milano, alla Biennale di Venezia, alla Biennale del paesaggio mediterraneo, a Udine, Bologna, Napoli e pubblicato numerosi progetti, saggi e monografie. 
 

Elogio della continuità in architettura

  • Pagine192
  • Prezzo23.00
  • Anno2024
  • ISBN978-88-8273-193-9
  • NoteIl pensiero dell'arte 29
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Elogio della continuità in architettura Scritti Scelti

In un momento di profondo smarrimento dell’architettura, perduta nel dare valore a una natura meramente estetizzante del costruito, nella quale spesso si accettano linguaggi già noti e immagini condivise, si avverte la necessità di prendere le distanze da azioni di puro maquillage naturalistico o da approcci dell’abitare improntati su un’urbanistica dello zooning, per esplorare percorsi di progetto che attingano dalle storie dei luoghi, sapendo scegliere un passato che perdura come elemento vivo e inscindibile dal nuovo. Quest’azione di contrasto alla ‘solitudine degli edifici’ può essere perseguita attraverso la ‘continuità’ come categoria critica e punto di osservazione dei luoghi di rogersiana memoria, a cui Bernard Huet, fondatore degli studi urbani in Francia, ha fatto costante riferimento nella sua opera. Coltivando questo concetto, egli dimostra il superamento della pratica tardo moderna della giustapposizione di oggetti, per riscoprire la città come luogo privilegiato dell’architettura, prodotto della storia e luogo in cui la storia è prodotta. Nelle sue realizzazioni, infatti, riesce a cogliere, nella lettura dei territori, l’autonomia delle diverse espressioni formali per poter pensare una «Architettura urbana».

Questo testo, dunque, accompagna il lettore a comprendere i significati della costruzione della città attraverso l’architettura, mostrando – con il supporto di alcuni scritti originali – le affinità progettuali tra la cultura francese e quella italiana, richiamando gli insegnamenti di E.N. Rogers, A. Rossi e L. Kahn.

Il volume, infine, propone lo studio di due realizzazioni significative, mettendo in evidenza tre caratteri della sua attività progettuale: ‘l’evidenza contestuale’, ‘la permanenza formale’ e la ‘continuità architettonica’, a dimostrazione del fatto, come scriveva Cesare Pavese, che «[…] lo stupore vero è fatto di memorie, non di novità». (G.B.C.)

 

Bernard Huet (1932-2001) architetto e urbanista francese di fama internazionale. Dopo un periodo di formazione al Politecnico di Milano, si laurea in Architettura a Parigi nel 1963 e prosegue la sua formazione all’Università della Pennsylvania, con Louis Kahn, dove consegue il Master nel 1965. Al suo ritorno in Francia, fonda l’Unità Pedagogica n. 8 (UP8, 1969), successivamente École Nationale Supérieure d’Architecture de Belleville, dove è docente fino al 1997, accettando inviti a insegnare in numerose Università di tutto il mondo.

 

a cura di Giovanni Battista Cocco è professore di Progettazione architettonica presso l’Università di Cagliari. Si forma tra l’Italia e la Francia, conseguendo il PhD in Architecture presso l’Università di Parigi 8. I suoi interessi sono rivolti alla modificazione dei paesaggi urbani e al riuso del patrimonio architettonico.

 

Fidia l'uomo

  • Pagine172
  • Prezzo22.00
  • Anno2022
  • ISBN978-88-8273-184-7
  • NoteIl Pensiero dell'arte 28
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Fidia l'uomo

È di un uomo che parlerà questo libro, dell’uomo che fu Fidia, ma non dell’uomo nel suo essere determinato dalla vita quotidiana e dalle circostanze dettate dal caso, per le quali sarebbe bastata una qualsiasi biografia. Questo libro parlerà di un uomo che seppe penetrare nelle sue opere e che attraverso di esse continua a parlarci e non solo da semplice artista, seppur capace di creare un nuovo stile, nuovi ritmi e proporzioni, nuovi gruppi e sequenze di figure, nuovi modi di rappresentare lo spazio, i corpi, i panneggi. Perché, prima ancora del grande artista, che pure ha inscritto il proprio nome all’interno della storia dell’arte, si trova l’uomo, che, attraverso le proprie opere, è entrato a far parte della storia dell’umanità.

 

Ernst Buschor (1886-1961) è stato uno dei più autorevoli archeologi del XX secolo. Direttore dell’Istituto archeologico germanico di Atene, ha  insegnato Archeologia classica nelle Università tedesche di Erlangen, poi di Friburgo e infine di Monaco di Baviera, contribuendo in maniera decisiva allo svilippo di questa disciplina. Tra i primi a riconoscere l’importanza dell’arte greca delle origini, salutò in Fidia il creatore dello stile classico. Nel corso degli scavi da lui condotti ad Olimpia e a Samo, giunse a scoprire diverse opere di straordinario valore e a ricostruire alcuni santuari di epoca arcaica. Negli ultimi anni della sua vita tradusse integralmente le tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide. La sua lingua, dotata del magnetismo che contraddistingue la parola poetica, fu di esempio per un’intera generazione.

 

In copertina: Fidia, Athena Lemnia, copia romana in marmo di un originale in bronzo del 451-448 a.C., Dresda, Staatliche Kunstsammlungen Albertinum.

 

L'eco nello spazio

  • Pagine252
  • Prezzo25.00
  • Anno2021
  • ISBN978-88-8273-180-9
  • NoteIl pensiero dell'arte 27
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L'eco nello spazio Forme, metodi e logica nell'architettura giapponese

L’eco nello spazio, prima d’ora mai pubblicato al di fuori del Giappone, è la più importante opera scritta da Kazuō Shinohara, vero e proprio maestro dell’architettura giapponese contemporanea.

Attraverso questa inedita traduzione il lettore avrà la possibilità di accedere allo sfondo teorico che ha informato la pratica di questo grande progettista che è stato capace di influenzare l’approccio alla disciplina di più generazioni di architetti giapponesi, costituendo la cosiddetta “Scuola Shinohara”.

Tema cardine del libro – nato attorno a un’esperienza concreta, in cui evoluzione personale e riflessione teorica sono saldate fin da principio – è la presentazione dei meccanismi generativi dell’architettura, una sorta di morfologia genetica della forma, intesa da Kazuō Shinohara come uno strumento utile a sé, ai suoi allievi e, in generale, a tutti agli architetti, per perseguire ciascuno liberamente la propria idea di “spazio”.

 

Kazuō Shinohara (1925-2006) dopo una laurea in matematica, si orientò verso lo studio dell’architettura entrando nel Dipartimento di Architettura del Tōkyō Institute of Technology dove conseguì la laurea nel 1953 e poi il dottorato di ricerca nel 1967. Presso la stessa Università, nel 1962 divenne Professore Associato, poi Professore Ordinario nel 1970, e infine, dal 1986 Professore Emerito.

Visiting Professor nelle più rinomate Università del mondo e conferenziere di livello internazionale, i suoi progetti furono oggetto di importanti mostre, tra cui quelle all’Institute for Architecture and Urban Studies di New York nel 1982, alla Royal Academy of Fine Arts di Copenaghen nel 1985 e al Centre Pompidou di Parigi nel 1986.

Nel 1988 venne eletto membro onorario dell’American Institute of Architects, nel 1989 fu insignito del premio alla carriera dal Ministro dell’Educazione delle Belle Arti giapponese e nel 2000 della medaglia dell’Ordine del Sol Levante. Nel 2010, in occasione della XII Biennale di Architettura di Venezia, a Kazuō Shinohara fu conferito il Leone d’oro alla memoria.

 

 

 

Leggere è respirare, è divenire

  • Pagine160
  • Prezzo20.00
  • Anno2021
  • ISBN978-88-8273-178-6
  • NoteIl pensiero dell'arte 26
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Leggere è respirare, è divenire

Leggere è respirare, è divenire  è la raccolta -  inedita in Italia - dei testi più rilevanti del noto artista internazionale Olafur Eliasson. Attraverso ventiquattro brevi saggi,  alla stregua di appunti di studio e sperimentazione,  accompagnati da immagini esemplificative di alcune delle sue opere più significative, l’artista si sofferma sulle questioni più ricorrenti del suo percorso artistico. Egli ci invita a riflettere sul suo complesso universo estetico e sensoriale, ma anche politico e sociale, e ad interagire con esso prendendo coscienza del nostro ruolo attivo di osservatori come parte integrante ed essenziale di un sistema  di relazioni nel quale, luce, spazio, tempo e movimento sono messi in rapporto tra loro come elementi satelliti attorno all'opera d'arte.

«Se io fossi un’opera d’arte non mi sentirei autosufficiente. La parola “autonomia” non farebbe parte del mio vocabolario. Anzi sarebbe più come una rete di luoghi , persone e intenzioni, inestricabilmente connessi e sempre parte di un movimento correlato».

 

Olafur Eliasson (1967) artista  danese di origini islandesi lavora con la scultura, la pittura, la fotografia, i film, le installazioni e i media digitali. Le sue opere esplorano la centralità dell'arte nel mondo nel senso più ampio. Riconosciuto a livello internazionale per le sue installazioni che mettono in discussione il modo  in cui percepiamo e co-creiamo i nostri ambienti, Eliasson dalla metà degli  anni Novanta ha realizzato numerose e importanti  mostre in tutto il mondo. The weather project (2003), un enorme sole artificiale avvolto dalla nebbia , nella Turbine Hall della Tate Modern a Londra, è stato visto da più di due milioni di persone. Per il suo progetto Ice Watch, Eliasson e il geologo Minik Rosing hanno portato iceberg galleggianti da un fiordo al largo di Nuuk, in Groenlandia, nelle piazze pubbliche di capitali europee (Copenhagen, 2014; Parigi, 2015 e Londra, 2018) per stimolare la consapevolezza della crisi climatica.

Con sede a Berlino, lo Studio Olafur Eliasson è composto da una folta squadra di artigiani, architetti, archivisti, ricercatori, ammministratori, cuochi, storici dell'arte e tecnici specializzati. Dal 2012, «Little Sun», l'impresa sociale fondata da Eliasson e dall'ingegnere Frederik Ottesen, ha lavorato per diffondere la consapevolezza della necessità di estendere a tutti l'accesso all'energia pulita e sostenibile. Nel 2014, Eliasson e il suo collaboratore di lunga data, l'architetto Sebastian Behmann, hanno costitutito il laboratorio d'arte e architettura «Studio Other Space» incentrato nella progettazione interdisciplinare e sperimentale di costruzioni e installazioni da realizzare nello spazio pubblico.

https://olafureliasson.net/            http://www.studiootherspaces.net/

 

Link all'articolo di elledecor.it:

https://www.elledecor.com/it/lifestyle/a38173402/libri-architettura-design-novita-novembre-2021/

Geografie dell'immaginazione

  • Pagine97
  • Prezzo
  • Anno2021
  • ISBN978-88-8273-182-3
  • NoteIl Pensiero dell'arte 25
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Geografie dell'immaginazione La pittura tra Occidente e Oriente

Annoverato tra i massimi esponenti di quella prodigiosa stagione della pittura americana e mondiale meglio nota con il nome di «espressionismo astratto», Mark Tobey si presenta, a quasi cinquant’anni dalla sua morte, come uno degli artisti che, più radicalmente di altri, ha contribuito a predisporre e a promuovere il dialogo spirituale tra Occidente e Oriente. Sulla scorta di una genuina conoscenza del pensiero e dell’arte cinese e giapponese, Tobey ha saputo ripensare l’esperienza pittorica di derivazione rinascimentale a partire da una nuova attenzione riservata alla plasticità e al ritmo della composizione grazie all’utilizzo di una «scrittura calligrafica» capace di mettere in evidenza l’intima compiutezza del reale a partire dal suo tessuto più segreto. Valga l’ampia silloge di scritti e aforismi che qui presentiamo come il documento più probante del ruolo di precursore assunto da Tobey nella definizione dello statuto che attende la pittura e, più in generale, l’arte occidentale.

 

 

Mark Tobey (1890-1976), originario del Wisconsin, si trasferisce a Seattle sulla West Coast degli Stati Uniti nel 1922, dove animerà la cosiddetta «Scuola del Pacifico», cui aderirà in seguito anche Sam Francis. Tra il 1925 e il 1931 Tobey viaggia intensamente in Europa e in Medio Oriente per motivi di studio. Nel 1934 approfondisce la propria conoscenza della calligrafia cinese a Shanghai e apprende l’arte giapponese del pennello in un monastero Zen a Kyoto. Risalgono all’anno successivo i primi White Writings, dipinti ottenuti da un serrato intreccio di pennellate bianche, ritmate e filanti, che anticiparono di molto la pittura all over dell'Action painting. Gli anni Cinquanta gli valgono il definitivo riconoscimento con il Grande premio internazionale per la pittura alla Biennale di Venezia del 1958. Trascorre gli ultimi quindici anni di vita in Europa, a Basilea, in una sorta di ritiro meditativo in cui gode del sostegno del mercante d’arte Ernst Beyeler.

  

 

                                                 

 

 

L'arte e i suoi pittori

  • Pagine140
  • Prezzo
  • Anno2020
  • ISBN978-88-8273-173-1
  • NoteIl pensiero dell'arte 23
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L'arte e i suoi pittori Improvvisazioni

Translation and editing by: Stefano Esengrini

 

André Masson (1896-1987), an early exponent of the Surrealist movement, is best known for his transposition of automatic writing into painting. With the intention of bringing out the complexity of the psyche and making the contents of the unconscious manifest, Masson let the pencil or the brush draw without a project, freely, without even the mind's control over the movement of the hand.

André  Masson then embarked on a path that progressively distanced him from the dogmatic acceptance of the models canonized by Breton, who not surprisingly nicknamed him " le rebelle du surréalisme ", pushing himself in search of a completely personal language that has its fulcrum in the imagination radiating. 

      This anthology, which collects for the first time in Italy a large number of writings on the French painter's art, allows us to retrace the meaning of his creative parable starting from the comparison undertaken by the artist with a large part of the Western artistic tradition between Nineteenth and twentieth century and beyond. So that the works of Cézanne or Matisse, Klee or Miró and many others, but also of Indian, Chinese and Japanese art, become for Masson a reason for critical or historical and at times even aesthetic reflection on the reasons for art, its goals, its paths.

Semplicità

  • Pagine256
  • Prezzo
  • Anno2020
  • ISBN978-88-8273-177-9
  • NoteIl pensiero dell'arte 24
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Semplicità Riflessioni su una dimensione dell'architettura

“Partiti alla ricerca dell’architettura, siamo arrivati ai domini della semplicità” scriveva Le Corbusier nel 1929. Che valore ha oggi questa bellissima frase di uno dei maestri indiscussi della modernità? Dobbiamo archiviarla tra i mille aforismi di una stagione ormai passata o potrebbe avere ancora senso pronunciarla? Oggi, pur sapendo che molte certezze di allora sono crollate e che la “complessità” è senza dubbio il paradigma della realtà in cui viviamo, quale significato e spazio ha la “semplicità” in architettura? Perché la sua ricerca non si è mai esaurita del tutto e ha sempre conservato un proprio spazio di espressione? Queste sono le domande di fondo a cui l’autore intende dare risposta. In controtendenza a molta della narrazione attorno all’architettura che segue la logica della contrapposizione tra complessità e semplicità, come fossero i due terminali di un’ipotetica oscillazione del gusto o dell’alternarsi delle mode, il libro propone una lettura incrociata, un viaggio alla ricerca delle caratteristiche e del ruolo della semplicità nell’epoca della complessità, dei luoghi in cui appare, delle modalità con cui si manifesta, dei motivi per cui si persegue. Lo sguardo spazia su molteplici piani d’indagine: da quello figurativo a quello metodologico, da quello tecnico a quello teorico, senza dimenticare le influenze che su questo tema provengono dall’arte, dalla filosofia e dalla scienza.

 

Lorenzo Dall’Olio (Roma 1960) Architetto, dottore di ricerca e professore associato di progettazione architettonica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre. È autore di numerosi articoli di critica e saggi brevi in riviste italiane e straniere sull’architettura contemporanea, sui rapporti tra architettura e arti visive e sulle nuove forme dell’abitare. Ha pubblicato le seguenti monografie: Arte e architettura, nuove corrispondenze (1997), L’architettura degli edifici per la sanità (2000), Tadao Ando. Antinomie senza contrasto (2002), La ricerca nella didattica (2011), Residenze universitarie (2012 e 2014).